martedì 21 maggio 2013

'Salaam Bombay!' compie 25 anni

'Salaam Bombay!' compie 25 anni.
Per chi non lo conoscesse è un film indiano del 1988 diretto dalla regista indiana Mira Nair.  I meriti di questo film vanno però condivisi con la sceneggiatrica Sooni Taraporevala. 
Il film fu nominato all' Oscar e vinse la Camera d' Or come miglior film straniero al quarantunesimo Festival di Cannes.
'Saalaam Bombay!' è un film dedicato ai bambini che vivono nelle strade di Bombay. Come ogni film serio che adotta la poetica e i metodi del cinema neorealistico, 'Salaam Bombay!' nasce da un meticoloso lavoro di ricerca, documentazione e addestramento, specialmente su una ventina di ragazzini  raccolti nelle strade, nei riformatori e nelle carceri tra cui spicca il  protagonista Shafid Syed.  A Cannes Mira Nair dichiarò di aver voluto celebrare lo spirito di sopravvivenza dei bambini delle strade di Bombay, il loro umorismo, la dignità, l'energia in un mondo che gli ha rapinato l'infanzia.

da Wikipedia:
Mira Nair (Bhubaneshwar, 15 ottobre 1957) è una regista e sceneggiatrice indiana, che vive e lavora a New York.
Mira Nair nasce in una famiglia indiana del ceto medio. Studia sociologia all'università di Delhi. Durante quel periodo recita in una compagnia teatrale amatoriale. A 19 anni vince una borsa di studio ad Harvard e parte per gli Stati Uniti.
Il suo primo lungometraggio Salaam Bombay! vince la camera d'oro e il premio del pubblico al Festival di Cannes nel 1988, e riceve una nomination agli Oscar. Il film seguente, Mississippi Masala, una storia d'amore tra una giovane indiana e un afro-americano, vince tre premi alla Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia nel 1991. Nel 1995, in La famiglia Perez, con Anjelica Huston e Alfred Molina, descrive la vita dei rifugiati cubani a Miami.
Nel 2001 il suo film Monsoon Wedding - Matrimonio indiano, storia di un caotico matrimonio indiano panjabi, è un grande successo e vince un Leone d'Oro alla Mostra di Venezia. Nel 2004 il suo film La fiera della vanità (Vanity Fair) fa parte della selezione ufficiale della 61ª Mostra di Venezia.
Recita anche in alcuni dei suoi film (My Own Country, La famiglia Perez, Mississippi Masala) e oltre a dirigerli ha scritto la sceneggiatura di Kamasutra (Kama Sutra: A Tale of Love) e Salaam Bombay!. Attualmente insegna all'università di Columbia a New York.

giovedì 16 maggio 2013

Pandit Hariprasad Chaurasia e il flauto bansuri . Ascoltate questa bellissima e rilassante "Song of the River"

Hariprasad Chaurasia

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Biografia Nasce ad Allahabad, in India, il 1º luglio 1938, da una famiglia di non musicisti. Il padre, lottatore di wrestling, voleva fargli intraprendere la sua stessa carriera e andava in collera per il fatto che il figlio fosse interessato alla musica. Così Hariprasad iniziò a studiare di nascosto il flauto bansuri, da cui era rimasto folgorato dopo aver ascoltato alla radio il maestro Bholanath, noto flautista di Varanasi. Inizia a lavorare come compositore ed esecutore all'età di circa venti anni, sia per la radio (alla All India Radio) sia per il cinema. Ma è dall'incontro con Annapurna Devi che lo stile e la sostanza della musica di Chaurasia subiscono una reale svolta. Attraverso lo sviluppo delle possibilità espressive del flauto bansuri, riuscirà da quel momento a definire il proprio stile, fatto di una combinazione di innovazione e tradizione. Per Hariprasad il flauto bansuri è il simbolo della cosiddetta "chiamata spirituale e suono del divino amore". Il flauto bansuri infatti era considerato nella tradizione indù uno strumento mistico, usato dal dio Krishna per addomesticare gli animali e sedurre gli uomini. Chaurasia insegna in un suo gurukul (scuola di musica) nei sobborghi di Bombay e dirige il World Music Department al Rotterdam Music Conservatory. Ha raggiunto lo status di Pandit (maestro riconosciuto), titolo che viene assegnato a persone di elevato livello culturale. La discografia di Chaurasia è vasta ed egli è attualmente considerato uno dei maggiori rappresentanti della musica classica indiana, con un livello di popolarità paragonabile a quello di Bismillah Khan e Ravi Shankar.

sabato 11 maggio 2013

I "Magnifici Cento" film indiani secondo Ibnlive in occasione del Centenario del Cinema indiano

 Vi segnalo questo articolo pubblicato da www.guidaindia.com, per chi volesse approfondire la conoscenza del cinema indiano. Qui di seguito ho pubblicato solo la prima parte dell' articolo; potete cliccare sul link sotto e leggere la parti successive. :)

 http://www.guidaindia.com/index.php?option=com_content&view=article&id=2709:100-film-per-100-anni&catid=53:bollywood&Itemid=61 :
 Per celebrare il Centenario del Cinema indiano, IbnLive ha stilato un elenco dei Magnifici Cento che ignora le classiche cronologie e che pur escludendo alcune opere certamente meritevoli di menzione, a cambio offre una panoramica di film emblematici prodotti da tutte le industrie cinematografiche locali. Per chi volesse avvicinarsi al cinema indiano nel suo insieme, eccolo: in versione commentata con links ai filmati.
100 Film per 100 Anni di Cinema Indiano
NB: nonostante lunghe ricerche, non mi é stato possibile reperire in chiaro video di tutti i 100 film elencati. Per alcune opere pur pubblicate integralmente online, ho invece peferito io scegliere solo brevi clip musicali o spezzoni significativi in loro rappresentanza. In tutti i casi, quando disponibili, ho scelto versioni sottotitolate in Inglese.
Cinema Hindi
Naya Daur (1957): diretto da BR Chopra e interpretato da Dilip Kumar, Vyjayanthimala, Ajit e Jeevan, mostrò come l'industrializzazione dell'India post-indipendenza stesse cominciando a influire sulla società rurale indiana, mutamento rappresentato dall'avvento dell'elettricità nella segheria locale e di quello del trasporto su autobus a discapito dei tradizionali tongawallahs del villaggio, i conducenti di carretti a cavallo, proponendo un'alternativa visione socio-umanistica tanto contro gli eccessi della modernizzazione quanto contro gli abusi del feudalesimo tradizionale.
Deewar (1975): Yash Chopra orchestrò il conflitto tra due fratelli totalmente opposti, Vijay (Amitabh Bachchan) e Ravi (Shashi Kapoor), la relazione di entrambi con la madre e l'opposizione di Vijay al sistema così sapientemente da provocare con questo film un dibattito a livello nazionale su Onestà e Corruzione. La quasi assenza di canzoni, il protagonismo dell'anti-eroe, lo scarso spazio dato al romanticismo e il finale per nulla felice, non sembravano essere le premesse ideali per il successo, che invece arrivò subito, fu enorme e fece del film un'icona permanente, grazie anche alla brillante sceneggiatura firmata dal duo Salim-Javed, considerata ancora oggi una delle migliori della storia del cinema indiano.
Gol Maal (1979): Hrishikesh Mukherjee amava mostrare i paradossi della classe media indiana attraverso la leggerezza e l'umorismo e questa commedia di baffi, passioni sportive negate, tradizionalismi vari, scambi di persona e identità fittizie ne è la perfetta dimostrazione. Tre i personaggi principali - i fratelli gemelli Ram e Lucky Prasad e il signor Bhawani Shankar - ma due gli attori che li interpretano, gli strepitosi Amol Palekar e Utpal Dutt. Un enorme successo di pubblico per un'acuta parodia di uno dei più classici espedienti del cinema indiano, divenuta nel frattempo a sua volta un classico.
Ankur (1974): diretto da Shyam Benegal, il film diede un notevole impulso al cosiddetto Cinema Parallelo, grazie alla totale novità rappresentata dall'immagine del protagonista, interpretato da Anant Nag, mostrato con tutti i suoi limiti e fragilità umane, in una vicenda familiare ispirata a una storia vera, ambientata in un paese nei pressi della Hyderabad degli Anni 50; una storia di relazioni modellate dallo scontro tra nuove aspirazioni borghesi e vecchi valori tradizionali e dallo squilibrio tra caste e classi, ma narrate dal punto di vista intimista e psicologico dei personaggi, più che da quello socio-politico e culturale. Tre National Awards, di cui uno per la splendida debuttante Shabana Azmi, e oltre una quarantina di riconoscimenti internazionali.
Ek Duuje Ke Liye (1981): K Balachander diresse la star meridionale Kamal Haasan (Vasu) in quello che fu per entrambi il primo film in Hindi e in cui debuttò Rati Agnihotri (Sapna). Il film drammatico, remake di un altro in Telugu sempre da lui diretto nel 1978, si ispira all'immortale tragedia di Romeo e Giulietta, e ancora oggi può offrire al pubblico indiano qualche spunto di riflessione, perchè il sogno d'amore tra un ragazzo tamil e una ragazza punjabi conosciutisi a Goa viene osteggiato in tutti i modi dalle rispettive famiglie a causa delle grandi differenze culturali e linguistiche che li separano e nonostante gli sforzi che i due tenacemente compiono per superarle. A cambio riceveranno lei uno stupro e lui un pestaggio, finendo per morire insieme lanciandosi da una rupe.
Mr India (1987): Shekhar Kapur diresse in seguito opere acclamate internazionalmente quali Bandit Queen o Elizabeth, ma Mr India fu il suo unico film realmente bollywoodiano. Una sorta di masala-pastiche colmo di citazioni di film locali e hollywoodiani, a metà tra James Bond e L'uomo Invisibile, interpretato da Anil Kapoor, Amrish Puri - nel ruolo del cattivo Mogambo, come già era stato perfido gran sacerdote nell'ugualmente citato Indiana Jones e Il Tempio Maledetto - ma soprattutto dalla meravigliosa Sridevi, che ruba grandemente la scena al protagonista: Miss India sarebbe stato forse un titolo più appropriato per il film, si disse all'epoca, con qualche ragione.
Padosan (1968): le premesse di questa commedia caricaturale erano note, giacché dal racconto di Arun Chowdhury erano stati tratti precedentemente altri film; ma ciò che rese speciale questa versione diretta da Jyoti Swaroop furono le interpretazioni straordinariamente efficaci offerte da Kishore Kumar, Sunil Dutt, Saira Banu etc. e soprattutto dal grande caratterista Mehmood, che qui veste i panni del maestro di musica meridionale; le sue entrate in scena vengono regolarmente accompagnate da appropriata colonna sonora, che nel suo insieme è composta da numerose canzoni prodotte dall'indiscussa arte di R.D. Burman e rimaste poi lungamente popolari.
Parinda (1989): Kishen (Jackie Shroff) lavora per Anna (Nana Patekar), spietato boss della mala mumbaita, per mantenere il fratello minore Karan ( Anil Kapoor) tenendolo all'oscuro delle sue losche attività, fino a che Karan le scopre in circostanze drammatiche, decidendo dunque di unirsi anch'egli alla gang al solo scopo di distruggerla dal suo interno; finirà tragicamente dopo essere stato smascherato, ma alla fine sarà vendicato dal fratello maggiore. Questa la trama base del film diretto da Vidhu Vinod Chopra, che seppe ritrarre l'ambiente criminale in maniera talmente efficace, oltre a dirigere Nana Patekar in un'interpretazione particolarmente intensa, da fare di Parinda uno dei migliori film sulla mafia di Mumbai mai prodotti.
Mera Naam Joker (1970): dicono che Raj Kapoor non si fosse mai ripreso dal flop commerciale che quest'opera, diventata poi di culto, aveva rappresentato all'epoca della sua uscita. Il regista e il suo autore, K A Abbas, avevano voluto mostrare attraverso le immagini quanta pazienza e coraggio fossero necessari per riuscire a far ridere il pubblico. Mukesh e Shankar-Jaikishan composero per questo film alcune memorabili melodie, che per anni sono rimaste nel cuore del pubblico indiano.
Satya (1998): primo film della Gangster Trilogy diretta da Ram Gopal Varma e completata poi dai sequel Company, del 2002 e D, del 2005, narra l'ascesa a padrino mafioso di un uomo, Satya, (J. D. Chakravarthy) dal misterioso passato, in principio semplicemente emigrato a Mumbai in cerca di lavoro e finito ingiustamente in carcere. Pur avendo a disposizione un budget relativamente esiguo, Varma riuscì a creare un grande film e a fondare un genere specifico, il Mumbai Noir, tratteggiando anche grazie alla brillante sceneggiatura di Anurag Kashyap un mondo nel quale violenti sociopatici vivono in definitiva una vita ben più miserabile di quella della povera gente su cui spadroneggiano. Sei Filmfare Awards, un'altra decina di premi sparsi e una colonna sonora di grande successo.
Awaara (1951): Raj Kapoor aveva solo 26 anni quando diresse, produsse e interpretò questo film chaplinesco ma ricco di riferimenti prettamente indiani, che lo consacrò come star della cinematografia internazionale. Centrato sul divario esistente nella società tra ricchi e poveri e sui pregiudizi dei primi verso i secondi, il film lo vide per la prima volta recitare accanto a Nargis, inaugurando allora la lunga serie di opere poi interpretate dalla coppia romantica, e con suo padre Prithviraj Kapoor nel ruolo del padre del protagonista. I brani tratti dalla colonna sonora, firmata dal duo Shankar-Jaikishan, sono divenuti dei classici, e la sequenza del sogno del protagonista, ambientato tra fantasmagoriche scenografie, demoni e creature angelicate, è una delle più celebri della storia del cinema indiano.
Garam Hava (1973) basato su di un breve racconto inedito di Ismat Chugtai e adattato per gli schermi da Kaifi Azmi, il toccante film diretto da MS Sathyu e interpretato nel suo ultimo ruolo da Balraj Sahni, narra la storia di una famiglia nativa di Agra durante i tempi che seguirono alla Partition e la difficile situazione sperimentata da quei musulmani che decisero di non lasciare l'India in favore del neonato Pakistan, dei loro legami familiari e relazionali spezzati e del senso di perdita e di isolamento che ne derivò. Prodotto con un budget ridottissimo, il film offre scorci magnifici di esterni e interni della città vecchia e delle località dei dintorni. Pietra miliare del Cinema Parallelo, il film fu la proposta indiana agli Oscar dell'anno 1974, ottenne una nomination alla Palma d'Oro di Cannes dello stesso anno, vincendo poi in patria tre Filmfare Awards nel 1975.
Mughal-e-Azam (1960): La storia d'amore tra la danzatrice Anarkali e Salim, che sarà imperatore moghul col nome di Jahangir, fu portata sugli schermi in questo ennesimo remake di una notissima leggenda romantica da una coppia che nella vita vera non potè mai coronare il suo sogno, Dilip Kumar e Madhubala. La più che evidente complicità che univa i due protagonisti, la grandiosità delle scenografie, le magistrali interpretazioni di Prithviraj Kapoor e Durga Khote - nelle vesti dell'imperatore Akbar e di sua moglie Jhodabai - fanno di questo film, diretto da K Asif e magnificamente musicato da Naushad, un'immortale saga romantica e un classico del cinema indiano.
Guide (1965): tratto dall'omonima novella di R.K. Narayan, questo film di Vijay Anand ruppe diversi schemi e norme, compresi quelle che riguardavano le tipiche eroine dei film Hindi; non si ricorda un altro film nel quale una moglie (Waheeda Rehman) danzatrice frustrata e disprezzata dal marito (Kishore Sahu), dopo vari tentativi di suicidio lo lasci per andare a vivere con un altro, l'accompagnatore turistico interpretato da Dev Anand, la cui madre, indignata dalla presenza in casa della devadasi, finisca per abbandonare lei la casa di famiglia. La magnificenza di Udaipur, l'incantevole Waheeda Rahman, finalmente realizzatasi come star della danza sulle note della colonna sonora firmata da R.D. Burman, aggiunsero fascino a questo film che vinse sette Filmfare Awards ed ebbe l'onore di rappresentare l'India agli Oscar 1966.
Kabuliwala (1961): questo racconto di Tagore era già considerato un classico quando venne portato sugli schermi da Hemen Gupta, ma fu l'interpretazione di Balraj Sahni e della piccola Sonu a rendere ancor più commovente la storia di un mercante di frutta secca, un tenero padre vedovo giunto a Calcutta dall'Afghanistan, che si affeziona a Mini, bimba sveglia e creativa di una coppia della classe media locale e che tanto gli ricorda l'adorata figlia Amina lasciata a Kabul. Sarà proprio grazie al generoso e intelligente padre di Mini, molti anni e molte disavventure dopo, che l'uomo di Kabul riuscirà un giorno a tornare a casa per riabbracciarla.
Maqbool (2003): Jahangir Khan, chiamato con rispetto Abbaji (Pankaj Kapoor) è il boss di una gang mafiosa, Nimmi (Tabu) è la sua giovane amante, e Maqbool (Irfan Khan), uno dei suoi uomini che aspira a soppiantarlo al vertice; un'oscura e appassionata storia di lussuria, amore, potere e vendetta ambientata nella Mumbai contemporanea. L'adattazione cinematografica e indianizzata dello shakespeariano Macbeth, diretta e sceneggiata da Vishal Bhardwaj con l'apporto della fotografia di Hemant Chaturvedi, fu interpretata da un poderoso cast nel quale ogni attore sfiorò la perfezione, e venne ulteriormente impreziosita da un'eccellente colonna sonora, composta dallo stesso Vishal Bhardwaj con i testi del poeta Gulzar. Eppure il film non ottenne un particolare successo commerciale, forse anche a causa della scarsa familiarità del pubblico medio con la tragedia originale a cui si ispirava.
Pyaasa (1957): tra le vicende più romantiche del cinema hindi di tutti i tempi, il film racconta la drammatica storia di un poeta e di una prostituta, entrambi in cerca d'amore e di riconoscimento in un mondo governato da superficialità, avidità e calcolo. Diretto e interpretato da Guru Dutt con Waheeda Rehman, fu considerato a posteriori un'opera premonitrice della tragica fine del regista, morto suicida nel 1964, sebbene il personaggio del protagonista Vijay fosse stato ispirato in realtà piuttosto a quello del poeta Sahir Ludhianvi, autore dei testi dei brani musicali composti da S. D. Burman per la colonna sonora, fondamentale componente di questo film dotato anche di eccellente fotografia, ad opera di V.K. Murthy.
Sholay (1975): la risposta indiana agli Spaghetti Western fu questo Curry-Western di Ramesh Sippy, una produzione che offre di tutto - azione, amore, dramma, commedia - e tutto così sapientemente dosato da farne ancora oggi il film hindi di rappresentanza per eccellenza, interpretato da un cast stellare - capitanato da Amitabh Bachchan, Hema Malini, Dharmendra e Jaya Bahaduri - che seppe rendere iconici anche i ruoli minori grazie all'eccellente sceneggiatura e soprattutto ad alcuni memorabili dialoghi divenuti citazioni proverbiali, frutto ancora una volta del talento del duo Salim-Javed, così come è ancora R.D. Burman che ne firma la popolarissima colonna sonora. Snobbato dalla critica e partito al botteghino come un sonoro fiasco, dopo qualche settimana Sholay si tramutò in quello che doveva essere il più grande successo commerciale degli Anni 70 e uno dei maggiori di tutti i tempi del cinema indiano, fino a venir nominato nel 1999 Film del Millennio dalla BBC India.
Anand (1971): scritto e diretto da Hrishikesh Mukherjee con pochi soldi e poco tempo, ma impreziosito dai dialoghi del poeta Gulzar e sostenuto dall'interpretazione a tratti particolarmente convincente di un ancora sconosciuto Amitabh Bachchan e del già più che celebre Rajesh Khanna, il film narra con delicatezza una commovente vicenda di amore per la vita, morte e amicizia - si dice ispirata a quella reale tra l'autore e Raj Kapoor - che doveva diventare uno dei film più amati dal pubblico indiano. National Film Award per il miglior film del 1971 e altri sei Filmfare Awards l'anno seguente.
Lagaan (2001): l'India del Raj britannico secondo Ashutosh Gowakriker, prodotta e interpretata da Aamir Khan, celebrò allo stesso tempo l'orgoglio nazionale e la passione per il Cricket, col sottofondo di una delle colonne sonore di maggior successo del decennio firmata da A.R. Rahman, ottenendo immediatamente il plauso entusiasta di critica e pubblico; sette National Film Awards, nove Filmfare Awards, 10 IIFA Awards e una nomination agli Oscar 2002 per questo kolossal, che nel 2011 il magazine Time inserì tra 25 migliori film a tema sportivo di tutti i tempi.
Do Bigha Zamin (1953): una delle migliori opere di Bimal Roy, nella quale il regista aggiunse le tematiche socio-politiche che gli erano care al tratto neorealista già applicato al melodramma hindi, marcando una linea che verrà seguita da altre produzioni degli Anni 50. Il film esplora le vite dei contadini soffocati dai debiti e risucchiati da un circolo vizioso di emigrazione e miseria, senza offrire facili soluzioni al pubblico e puntando più sull'incisività della fotografia, sulle riprese della Kolkata dell'epoca e sulla grande interpretazione di Balraj Sahni, che sui classici espedienti del cinema hindi. Modesto successo commerciale, ricevette il premio al Miglior Film alla prima edizione tanto dei Filmfare Awards quanto dei National Film Awards, entrambi inaugurati nel 1954, oltre a ricevere il Prix International al VII Festival di Cannes.
Paar (1984): la povertà e lo sfruttamento nel Bihar rurale sono al centro di questa importante opera del Cinema Parallelo diretta da Goutam Ghose e interpretata da Shabana Azmi, Naseeruddin Shah e Om Puri. Una vicenda di ingiustizie e ribellione, di fuga, di lotta per la sopravvivenza e di speranza, in quella che è considerata una delle più straordinarie performance offerte dai protagonisti al cinema indiano per un film duro e drammatico, caratterizzato dagli scarni dialoghi, dalle figure spesso riprese in controluce e dalla potente semplicità con la quale trasmette le ragioni degli umili.
Dilwale Dulhaniya Le Jayenge (1995): col suo debutto alla regia, Aditya Chopra diede un ulteriore impulso alla commedia romantica bollywoodiana già fortemente rivisitata da suo padre, Yash Chopra, qui produttore dell'opera del figliolo. La storia d'amore di Raj (Shah Rukh Khan) e Simran (Kajol), sbocciata tra Londra, la Svizzera e il Punjab, risuonò subito nei cuori della gioventù indiana degli Anni 90, ma anche in quelli di non pochi tra i loro genitori, rendendo DDLJ sin dalla sua uscita un film di culto. L'evoluzione di Raj, da buffo cascamorto seriale a determinato aspirante marito, l'atteggiamento rilassato riguardo ad argomenti generalmente ritenuti scabrosi pur nel rispetto delle tradizioni, l'indianità transnazionale dei protagonisti, il felice assortimento della coppia Kajol e SRK, per la prima volta impegnato nel ruolo dell'eroe romantico, e la colonna sonora - la più venduta dell'anno - furono gli ingredienti di un successo enorme e permanente. Dieci Filmfare Awards e un posto tra i primi cinque successi commerciali di tutti i tempi del cinema indiano.
Jaane Bhi Do Yaaron (1983): commedia nera diretta da Kundan Shah, ricca di citazioni e di riferimenti al mondo del cinema, centrata sull'eterna commistione tra politica e affari, acutizzata in India dal clima di incertezza dei primi Anni 80, di cui il film intero è grottesco riflesso. Due fotografi disoccupati (Naseeruddin Shah e Ravi Baswani) vengono incaricati di smascherare con uno scoop i traffici tra palazzinari e amministratori corrotti sui quale sta indagando una rivista di attualità. Nella speranza di vincere anche un concorso fotografico, tra le molte foto scattate i due riprendono casualmente un assassinio, che risulterà essere strettamente connesso proprio con l'inchiesta della rivista. La coincidenza da il via a una serie di disavventure farsesche che finiranno per ritorcersi regolarmente contro i protagonisti. Ricevuto tiepidamente in principio, il film è poi diventato un'opera di culto e un manifesto di quel decennio.
Kaagaz Ke Phool (1959): un altro disastro al botteghino diventato a partire dagli Anni 80 film di culto, il cui fiasco commerciale si disse avesse dato il colpo finale al già traballante equilibrio psichico dell'autore, produttore e protagonista Guru Dutt, che tuttavia prima di togliersi la vita recitò in altri due film pur senza firmarne la regia. La suggestione è dovuta in buona parte ad alcune analogie tra la storia personale di Dutt e quella narrata nel film, una vicenda di solitudine e amarezza tra un regista in declino e l'attrice debuttante scritturata per l'ultimo film dell'uomo, impersonata da Waheeda Rehman, proprio l'attrice di cui Dutt pare si fosse innamorato mentre il suo matrimonio andava in pezzi, richiamando così ulteriormente la trama del film. Tutti elementi che contribuirono a rendere a posteriori quest'opera girata per la prima volta in India in CinemaScope, musicata da S.D.Burman e dotata della consueta superba fotografia di V.K. Murthy, un classico del cinema indiano in Bianco e Nero.
Mother India (1957): ispirandosi a un suo stesso film degli Anni 40, Aurat, il cui soggetto era stato a sua volta ispirato dai libri dell'americana Pearl S. Buck, il regista Mehboob Khan narrò in questo remake la battaglia di una madre esemplare per crescere i suoi figli da sola nell'India rurale, a dispetto di un avido strozzino, che ne insidia la virtù, e di uno dei suoi stessi figli, che insidia invece quella della figlia dello strozzino, oltre a trasformarsi in un bandito che minaccia il villaggio intero. Il film incarnò la nuova epica nazionale rappresentata dalla dea Madre India, figura allegorica creata dai movimenti nazionalisti dell'XIX secolo e condensata nella figura della protagonista Radha - ottimamente interpretata da Nargis, affiancata da Sunil Dutt e Rajendra Kumar - ma insolentita da un'opera dell'autrice americana xenofoba Katherine Mayo, che nel 1927 aveva violentemente attaccato nel suo bestseller Mother India la cultura, il popolo indiano e le aspirazioni indipendentiste dell'epoca, causando un'ondata di indignazione nel Paese. La produzione del film godette di un enorme budget e pari successo di pubblico. Prima proposta indiana della storia agli Oscar, ottenne una nomination perdendo però la statuetta per un solo voto a favore de Le Notti di Cabiria, di Federico Fellini.
Munnabhai MBBS (2003): una delle rare commedie ad aver ottenuto immediatamente tanto il plauso della critica impegnata quanto quello del pubblico alla buona; un film di Rajkumar Hirani, nel quale il protagonista, Sanjay Dutt, diede ottima prova di comicità e presenza scenica. Un boss della mala dotato di senso di giustizia e moderazione, creduto medico di successo dagli integerrimi genitori, finisce per essere costretto dagli eventi a iscriversi davvero a Medicina. Una favola in cui l'uso dello slang di Mumbai da parte dei compari di Munnabhai, tra i quali spicca Circuit (Arshad Warsi), l'accoppiata Sunil e Sanjay Dutt, padre e figlio nella vita come nel film, la verve comica, l'empatia verso i sofferenti del protagonista e l'happy ending costituirono gli ingredienti dell'ottimo successo dell'opera, premiata con quattro Filmfare Awards e un National Film Award per il film più popolare dell'anno.
Sahib Bibi Aur Ghulam (1962): formalmente diretto dal suo sceneggiatore, Abrar Alvi, ma secondo i più opera di Guru Dutt in persona, che pure lo interpreta e produce, questo film tratto dalla novella Bengali, di Bimal Mitra, narra la decadenza della struttura feudale indiana attraverso la caduta degli Zamindar, l'aristocrazia terriera d'origine moghul, e contemporaneamente l'affermarsi per mezzo dell'istruzione della borghesia, con la figura dell'impiegato poi divenuto architetto che ricorda in flashback la vicenda ambientata nella Calcutta coloniale. L'interpretazione di Meena Kumari, moglie trascurata di uno degli zamindar e che tra i molti vani e fatali tentativi di risvegliare l'interesse del marito fa amicizia col giovane impiegato (Guru Dutt) fino a farne il suo confidente, è considerata uno degli apici del cinema indiano. Il film ebbe un grande successo di critica e pubblico, fu la proposta indiana dell'anno agli Oscar, ottenne una nomination all'Orso d'Oro a Berlino e vinse quattro Filmfare Awards.
Pakeezah (1972): Kamal Amrohi impiegò 14 anni per completare le riprese di questo film drammatico - in tutti i sensi - sulla vita di una cortigiana ambientato al principio del XX secolo, a causa del continuo mutare della sua relazione con la protagonista, sua moglie Meena Kumari, dalla quale nel frattempo aveva divorziato due volte, e per sposare la quale aveva già lasciato la prima legittima consorte al principio degli Anni 50. Quando Meena Kumari venne finalmente convinta a terminare il film, la dipendenza dall'alcol ne aveva però ormai fatalmente minata la salute, costringendola a recitare quasi sempre in posizione statica e dovendo impiegare una controfigura per le scene di danza. Nonostante le multiple complicazioni affrontate dal film, il risultato finale risultò particolarmente raffinato, colmo di dettagli suggestivi e di poesia. Eppure fu un flop: ma a causa della morte dell'attrice, avvenuta a soli 40 anni due mesi dopo l'uscita del film, Pakeezah si tramutò improvvisamente in oggetto di grande interesse popolare e poi col tempo in un immortale classico del cinema indiano.
Black Friday (2004): basandosi sull'omonimo libro-inchiesta del 2002 di S.Hussain Zaidi, Anurag Kashyap ricostruì la cospirazione che portò ai tragici eventi di Mumbai del Marzo 1993 - i cosiddetti Mumbai Blasts, quando 12 ordigni devastarono simultaneamente la città per ordine dei boss mafiosi Dawood Ibrahim e Tiger Memon, secondo sentenza, causando 257 morti e circa un migliaio di feriti - e le indagini che seguirono immediatamente dopo gli attentati. Ma a causa della potenziale esplosività del soggetto trattato e della concomitanza dei processi a carico di alcuni accusati menzionati nel film, la sua uscita venne bloccata in India per oltre due anni. Quando poi uscì, nel 2007, il film diventò uno dei maggiori successi dell'anno, oltre a fornire ispirazione per diverse celebri opere seguenti.
Do Aankhen Barah Haath (1957): i film di V. Shantaram erano già noti per fare gruppo a sè e questo non fu da meno: ispirato a una storia vera accaduta in Maharashtra, la vicenda di un secondino illuminato e progressista, interpretato dallo stesso regista, che prende in custodia in una fattoria sperimentale sei condannati a morte per dimostrare la possibilità del recupero per tutti, riuscendo nel suo intento e diventando per gli ex criminali una figura paterna di riferimento, è commovente e sempre attuale. Due National Awards, Orso d'argento a Berlino e una nomination ai Golden Globe.
Masoom (1983): oltre ad offrire notevoli interpretazioni, la forza di questo film frutto della maturità artistica di Shekhar Kapur risiede nella trama. Esplorando con sensibilità il tema del perdono attraverso le emozioni dei protagonisti, narra la storia di una moglie e madre (Shabana Azmi) e del difficile percorso che la porta ad accogliere un figlio che il marito (Naseeruddin Shah) ha avuto con un'altra donna. Cinque Filmfare Awards, tre dei quali relativi alla colonna sonora firmata da R.D. Burman coi testi di Gulzar, che scrisse anche la sceneggiatura del film e i suoi dialoghi.
Hazaaron Khwaishen Aisi (2003): L'opera più celebre di Sudhir Mishra ha come sfondo gli Anni 70 dell'Emergenza e le turbolenze politiche dell'epoca. Tre giovani di diversa provenienza culturale e regionale, interpretati da Kay Kay Menon, Chitrangada Singh e Shiney Ahuja, divenuti amici durante gli studi universitari ormai conclusi a Delhi e le cui aspirazioni sentimentali, politiche e sociali porteranno a continuare a incrociarsi negli anni seguenti. Affresco di una generazione che fu inquieta e idealista ad ogni latitudine del pianeta, il film non ebbe grande successo commerciale, ma fu acclamato dalla critica e presentato in una dozzina di festival internazionali.

Raja Harishchandra (1913): come non menzionare proprio il primo lungometraggio della storia del cinema indiano, la cui prima proiezione a Bombay il 3 Maggio 1913 segna la data del centenario?
Salaam Bombay! (1988): ladri, spacciatori, prostitute, tossicomani... il film narra la vita quotidiana dei bambini di strada di Mumbai. Diretto da Mira Nair, il film fu interpretato da molti ragazzini provenienti direttamente da quel contesto e che vennero istruiti prima delle riprese in un workshop di recitazione appositamente allestito in quello che era allora il quartiere a luci rosse della metropoli. A seguito del successo della produzione, la regista istituì una fondazione dedicata alla riabilitazione di quei bambini, organizzazione non solo ancora esistente, ma cresciuta e presente oggi anche a Delhi e Bubhaneshwar. Proposta indiana agli Oscar del 1989, tra l'anno di uscita e il 1990 il film vinse numerosi premi in patria e all'estero, tra i quali spiccano due importanti riconoscimenti a Cannes e altrettanti ai National Film Awards. Secondo la rete, Shafiq Syed, premiato protagonista dodicenne dell'opera, è oggi un conducente di rickshaw a Bangalore.
Zanjeer (1973): un film-icona, all'interno del quale risiede l'Icona stessa del cinema hindi, Amitabh Bachchan, nell'interpretazione del Giovane Rabbioso che fece definitivamente di lui una SuperStar mentre esprimeva la frustrazione dell'uomo comune di fronte alla corruzione e conduceva la sua lotta contro i mali e le ingiustizie del mondo. Diretto da Prakash Mehra, il film tocca anche alcuni temi sociali, quali la disoccupazione o la criminalità dei colletti bianchi, ma è il personaggio di Vijay, il nome che poi spesso assumerà Bachchan per questo genere di produzione, a essere diventato figura emblematica della cultura popolare e totalmente identificata col suo interprete, grazie anche ad alcuni dialoghi divenuti proverbiali firmati dal duo Salim-Javed, ai quali si deve anche la sceneggiatura e il soggetto del film.
Saaransh (1984): scritto e diretto da Mahesh Bhatt, narra la storia di un'anziana coppia distrutta dalla perdita del loro unico figlio, ucciso da rapinatori a New York, e che cerca di sopravvivere alla tragedia tra le frustrazioni aggiuntive causate dall'ottusità della burocrazia. Sarà l'imprevista e osteggiata gravidanza di una giovane attrice, fidanzata col rampollo di un politico corrotto, a cui la coppia affitta la stanza che era stata del figlio a restituire loro una ragione per continuare a lottare e vivere. Il film è ricordato soprattutto per la magistrale interpretazione del debuttante Anupam Kher, all'epoca 28enne, nei panni dell'anziano dignitoso protagonista della vicenda. Proposta indiana agli Oscar di quell'anno, il film vinse tre Filmfare Awards.
Bhuvan Shome (1969): tratto da un racconto di Banaphoolil film di Mrinal Sen è l'assai originale narrazione della trasformazione di un rigido funzionario bengalese delle Ferrovie, vedovo cinquantenne abitudinario e saccente, in una figura molto più rilassata e aperta verso il mondo. Affascinato dalla caccia ma per nulla avvezzo alla natura selvaggia, l'uomo si reca in Gujarat per una vacanza, durante la quale l'incontro ravvicinato con l'India rurale e soprattutto con la giovane Gouri cambierà radicalmente la sua percezione della vita e del mondo. Interpretato da Utpal Dutt e Suhasini Mulay, con la voce narrante del debuttante Amitabh Bachchan al suo primo impegno cinematografico, punteggiata da divertenti animazioni naif, l'opera è considerata fondativa del Cinema Parallelo e fu premiata quell'anno coi tre principali National Film Awards.